Guido Trebo


Questo ragionamento nasce da uno spunto emerso durante un dibattito pubblico lunedì sera circa il significato del progetto “Arco città inclusiva” adottato dalla nostra amministrazione comunale. È stato uno di quei momenti in cui una semplice domanda costringe a riflettere in profondità sul senso del nostro agire politico e su quanto il valore dell’inclusività sia fondamentale per l’Autonomismo che mi sento di rappresentare.



L’Autonomismo non deve risolversi in un semplicistico “prima i Trentini” e non può e non deve essere uno strumento di chiusura, privilegio o isolamento. L’Autonomia non è un muro che ci separa dalle altre Regioni, ma una preziosa caratteristica del nostro sistema, che ci permette di costruire comunità più forti e coese. Mi piace sempre ribadire che un’Autonomia vera non esclude nessuno, anzi, riconosce che il benessere collettivo si raggiunge solo quando tutte e tutti hanno l’opportunità di partecipare alla vita della Comunità.

Alla luce degli interventi dell’altra sera credo sia però necessario un chiarimento terminologico: c’è infatti una differenza sostanziale tra il concetto di integrazione — che si limita a inserire l’altro all’interno di un sistema preesistente — e quello di inclusione, che invece mira a trasformare quel sistema affinché sia realmente accessibile a tutti, senza chiedere a nessuno di rinunciare alla propria identità. Amministrare una città significa gestire una comunità eterogenea, fatta di cittadine e cittadini con bisogni, storie e prospettive diverse. L’inclusione, in questo contesto, non è solo una questione etica ma un investimento strategico per il benessere collettivo. Una città inclusiva è più resiliente, più creativa e più capace di affrontare le sfide sociali ed economiche.

Ma cosa significa concretamente adottare politiche inclusive in ambito cittadino?

  1. Accessibilità universale: Non si parla solo di eliminare barriere architettoniche, ma anche di garantire l’accesso ai servizi, alle informazioni e agli spazi pubblici a tutte le cittadine e a tutti i cittadini, indipendentemente da disabilità fisiche, condizioni socio-economiche o barriere linguistiche.
  2. Partecipazione attiva: Le decisioni che riguardano la comunità devono coinvolgere tutte le sue componenti. Spazi di partecipazione democratica, come percorsi partecipativi e comitati di partecipazione permettono di ascoltare voci spesso marginalizzate e di costruire politiche più eque.
  3. Valorizzazione delle differenze: l’inclusione punta ad eliminare il concetto del diverso, riconoscendo la persona come unica e come risorsa, a prescindere dalla cultura, dalla generazione di appartenenza, dal genere o dall’orientamento sessuale. Una città che celebra la pluralità attraverso eventi culturali, progetti educativi e spazi di incontro, è più coesa. Lo stretto rapporto instaurato con gli enti e le associazioni che si occupano del sociale assieme a quello avviato con le varie comunità religiose del nostro territorio è un esempio chiaro dell’impegno che abbiamo saputo dimostrare in tal senso.
  4. Politiche sociali proattive: Inclusione significa anche prevenire le disuguaglianze. Questo richiede interventi mirati su casa, lavoro ed educazione, che tengano conto delle specificità dei singoli e delle comunità più vulnerabili. Pensiamo, ad esempio, ai percorsi di formazione linguistica per i migranti che abbiamo saputo offrire gratuitamente alla cittadinanza in questi anni, ai progetti di housing sociale in fase di studio, ai progetti degli enti e delle associazioni del nostro territorio che abbiamo saputo sostenere, senza dimenticare il grande lavoro dell’Ufficio Politiche Sociali della nostra Città e dei Servizi Sociali gestiti dalla Comunità di Valle.

Attenzione però! Una città inclusiva non è un traguardo raggiunto una volta per tutte, ma un progetto in divenire, che si misura sulla capacità di ascoltare i bisogni emergenti e di adattarsi alle trasformazioni sociali.

Sono orgoglioso di dire che la nostra città ha saputo trasformare la propria storia di confine tra il mondo tedesco e quello italiano in un punto di forza. Arco è cresciuta negli anni proprio grazie alla sua capacità di essere “città accogliente”, disposta all’incontro multiculturale, e questo è l’insegnamento che dobbiamo portare avanti per il futuro. Oggi le sfide sono complesse, ma, da autonomisti, dobbiamo riuscire a tenere aperto uno spazio di partecipazione e dialogo che sia davvero motore di crescita e benessere.

Per questo motivo ritengo necessario che l’amministrazione comunale continui nel progetto “Arco città inclusiva”, ascoltando e confrontandosi con le realtà associative, le scuole, il mondo del lavoro e le comunità di nuova cittadinanza. Sarebbe bello arrivare ad un tavolo permanente sull’inclusione, che non sia solo una dichiarazione di intenti, ma un laboratorio di idee e azioni concrete per rendere Arco sempre più una città accogliente. Solo così l’Autonomismo potrà dimostrare la sua vera forza: essere uno strumento capace di rispondere ai cambiamenti della società senza perdere la sua identità, ma anzi rafforzandola grazie alla partecipazione e alla propositività di tutte e tutti.